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Le autoriduzioni delle bollette elettriche e telefoniche

Il 1974 fu l’anno degli aumenti generalizzati delle tariffe dell’ENEL e della SIP (il servizio telefonico) e dei trasporti pubblici urbani. In molte città italiane la protesta assunse il carattere di massa e si concretizzò con l’autoriduzione delle bollette e dei biglietti dei bus.

La prima forma di autoriduzione si tenne nell’agosto del 1974 su iniziativa di alcuni operai della Fiat Rivalta che, rifiutandosi di pagare le nuove tariffe degli autobus, spedirono alla società dei trasporti pubblici l’equivalente dei vecchi abbonamenti, e continuarono a usare i mezzi pubblici senza fare il biglietto. Poi la protesta si allargò alle tariffe dei servizi.

Si formarono comitati per l’autoriduzione che organizzavano presidi davanti agli uffici postali, dove le persone andavano a pagare i bollettini. Predisponendo lettere prestampate, si invitavano i cittadini a ricalcolare l’importo secondo il canone precedente. In tal modo, l’autoriduttore dichiarava di attenersi alle tariffe in vigore prima degli aumenti. Le aziende risposero inviando lettere che minacciavano il distacco del servizio di elettricità o procedendo ai distacchi di linee telefoniche. Gli autoriduttori replicarono con una seconda lettera in cui venivano ribadite le loro posizioni. In alcune città le procure dichiararono illegittima la ritorsione, in altre diedero torto agli autoriduttori.

In un manifesto dell’epoca della FLM (Federazione Lavoratori Metalmeccanici) di Torino si affermava: L’Autoriduzione è la lotta che paga e vince! Respingere i ricatti dell’ENEL estendendo la lotta, pagando il 50% della nuova bolletta dell’energia elettrica. L’ENEL non può oggi erigersi a tutore degli interessi della collettività, quando per anni sulla linea dei ‘vecchi monopoli elettrici’ ha continuato a rapinare gli utenti con contratti di potenza capestro che non riflettono i reali consumi delle masse popolari … Si tratta di aumentare l’impegno ed estendere rapidamente l’iniziativa di lotta con il pagamento al 50% della nuova bolletta ENEL, in tutti i posti di lavoro e in tutti i quartieri al fine di raggiungere nei confronti del governo una sostanziale riduzione delle attuali tariffe e la modifica del regime tariffario, adeguandolo alle tariffe dell’utenza industriale”.

Ancora più esplicita, l’Assemblea degli Autoriduttori di Torino e Milano, in un manifesto del novembre 1974 si sosteneva: “Organizziamo l’autoriduzione delle bollette e dell’affitto, la spesa politica contro gli speculatori, gli imboscamenti, i proprietari di case. Attendismo ed esitazioni non pagano garantiamoci il salario con queste forme di lotta”. L’autoriduzione fu una mobilitazione di massa, fuori dal controllo sindacale, ed ebbe un suo percorso autonomo rispetto alle trattative sulle tariffe che le confederazioni avevano imbastito col governo. la prima volta, era stata superata quella remora convenzionale del “se lo faccio cosa mi succede?” che molto spesso era stata un ostacolo all’espandersi di comportamenti conflittuali e, al tempo stesso, si era sfondato quel muro costruito da chi voleva relegare questa lotta ad alcuni episodi simbolici o come forma di pressione verso un accordo tra governo e sindacati. Nelle intenzioni dei gruppi promotori c’era la volontà di usare queste pratiche, oltre che per ottenere dei risultati concreti nella lotta contro il carovita, anche per promuovere nuove forme di partecipazione attiva e di azione politica dal basso.

manifesto del Comitato proletario autoriduzione – Bologna, 1974
manifesto del Comitato proletario per l’autoriduzione – Bologna
manifesto della Federazione lavoratori metalmeccanici – Cgil

Le autoriduzioni a Bologna

Il giornale bolognese “Né servi né padroni”, foglio del Comitato Operaio delle fabbriche di Santa Viola, scrisse: “Alcuni l’hanno chiamata disobbedienza civile, per noi è una lotta che, nell’esprimere la volontà proletaria di imporre i prezzi politici, consolida ed accresce il potere operaio dentro e fuori la fabbrica. L’autoriduzione esprime l’esigenza operaia di reddito garantito, occorre quindi allargarla anche alla luce, al gas, all’acqua, all’affitto. Noi la riteniamo una forma di lotta efficace e che paga immediatamente, per questo, a partire dalle prossime bollette, è necessario organizzare l’autoriduzione dentro le fabbriche collegandosi alle strutture proletarie che già esistono nel quartiere”.

Tra l’estate e l’autunno del 1976, in una situazione di grave crisi economica, giovani disoccupati o sottoccupati entrarono in contatto con studenti, precari, operai in cassa integrazione o licenziati, militanti dei movimenti e dell’autonomia. Fu un vero e proprio “movimento contro il carovita” che si dotò anche di slogan quantomeno spiritosi, come “l’aumento di benzina non vi conviene, ne compreremo poca, la useremo bene”. Il collettivo Jacquerie, nato a Bologna nel novembre ’76, diede il via alla campagna delle autoriduzioni, con lo slogan “Basta con la miseria, vogliamo appropriarci della ricchezza”. Si iniziò con i cinema di prima visione; si arrivava in due o trecento davanti al locale, si entrava il più delle volte senza pagare e, nel corso dell’intervallo, qualcuno con un megafono, spiegava agli spettatori la lotta per il “diritto al lusso”. Ben presto però la polizia cominciò ad intervenire, fregandosene anche dell’accondiscendenza dei proprietari dei locali ad accettare l’autoriduzione.

“Né servi né padroni”, foglio del Comitato Operaio delle fabbriche di Santa Viola – Bologna, 1974