Venerdì 23 giugno 2023 è stato presentato a VAG 61 il libro di Francesca Coin “Le grandi dimissioni – Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita”. Nell’ambito di questa iniziativa il Centro di documentazione dei movimenti “Francesco Lorusso – Carlo Giuliani” ha curato un’esposizione di copertine di giornali e riviste sul rifiuto del lavoro negli anni ’70.
Il rifiuto del lavoro fu un processo che si determinò soprattutto all’interno dei grandi poli produttivi, nelle fabbriche del Nord, con l’organizzazione di lotte per aumenti uguali per tutti, per l’abolizione del cottimo, per la riduzione dell’orario di lavoro. Per tutti gli anni 70 si lottò aspramente per una società liberata dalla costrizione del lavoro salariato.
Sempre per la serata del 23 giugno il Centro di documentazione ha preparato una scheda su oltre un secolo di lotte sulla riduzione dell’orario di lavoro.
Con i suoi apprezzati lavori e le sue ricerche Francesca Coin è una sociologa “militante” molto stimata. Si occupa di lavoro e diseguaglianze. Ha un dottorato di ricerca alla Georgia State University, negli Stati Uniti, dove ha vissuto tra i primi anni 2000 e il 2008. Sino a ottobre 2022 ha lavorato come professoressa associata nel Dipartimento di Sociologia dell’Università di Lancaster. Ora insegna nel Centro di Competenze Lavoro Welfare Società del Dipartimento di Economia Aziendale Sanità e Sociale (Deass) della Supsi, in Svizzera. I suoi articoli sono stati pubblicati su varie testate, tra cui Repubblica, Il Manifesto e Il Fatto Quotidiano. Scrive per Internazionale e L’Essenziale.
Il suo libro “Le grandi dimissioni – Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita”, uscito da poche settimane, analizza una “recente forma di ribellione”. Le “grandi dimissioni”, sono un fenomeno sociale che sta portando milioni di persone in tutto il mondo ad abbandonare il lavoro. Secondo lo US Bureau of labor statistics, negli Stati Uniti venti milioni di persone hanno dato le dimissioni a partire dalla primavera del 2021. Questa nuova forma di rifiuto del lavoro (qualcuno l’ha definita uno “sciopero generale non dichiarato”) evidenzia come l’attività lavorativa contemporanea, spesso precaria, sottopagata e senza nessuna garanzia sia diventata tossica e insostenibile. Come negli Stati Uniti, anche in Italia cresce il numero di persone che non sopportano più sovraccarico di mansioni, stipendi da fame, impossibilità di progettare una vita in autonomia.
A partire dal vissuto delle lavoratrici e dei lavoratori – soprattutto nel nostro paese – Francesca Coin analizza le ragioni della crescita di una tendenza del tutto inattesa, e mostra come oggi dimettersi significhi non solo impedire alle condizioni di sfruttamento di deteriorare la salute e le relazioni delle lavoratrici e dei lavoratori, ma anche riconquistare tempo per se stessi e per la propria vita.
L’altra domanda che la sociologa si fa è questa: “Ci hanno sempre ripetuto che il lavoro è ciò che ci definisce, il fondamento della nostra dignità di esseri umani. E allora perché, in tutto il mondo, sempre più persone si dimettono?… Negli ultimi anni abbiamo avuto diverse occasioni per chiederci se la vita che stiamo vivendo è quella che vogliamo vivere. Per molti la risposta è stata no. Questo perché è cresciuta l’indisponibilità a sottostare a regole tossiche e vessatorie che numerosi contesti lavorativi impongono”.
Una delle risposte sta probabilmente nel fatto che l’Italia è l’unico paese d’Europa in cui gli stipendi negli ultimi vent’anni sono diminuiti invece che aumentare e in cui il mercato occupazionale è caratterizzato dalla crescita dei contratti a termine e del lavoro dequalificato.
In Italia, passare da un lavoro all’altro è molto difficile, c’è una disoccupazione giovanile del 29,8 per cento e ci sono 2,3 milioni di disoccupati (dati al settembre 2021), Francesca Coin col suo saggio cerca di comprendere che cosa spinga migliaia di persone, in questo contesto, ad abbandonare l’impiego.
In una delle interviste realizzate, una delle lavoratrici sostiene: “Secondo me è vero che in parte questo movimento di dimissioni di massa ha delle sacche di depressione. Nasce sicuramente dall’attraversamento delle tenebre. Però le tenebre a volte sono illuminanti. Le crisi sono opportunità, nuovi mondi possibili che si prefigurano. A cambiare sono le regole che non sono più sostenibili”. Semplicemente: “Le persone non vogliono più lavorare a queste condizioni. Rinunciare al lavoro fa meno paura perché stai a rinunciando a un aguzzino, ti stai liberando”.
Si tratta di un movimento di protesta, conseguente a una scelta politica? La risposta di una delle intervistate: “Ti ritrovi in questa situazione e dici: non posso pagare il conto di tutto da sola perché il carico è troppo, non posso essere la colla che tiene insieme questo sistema”.