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La lotta per la casa a Bologna in una prospettiva storica

Giovedì 23 giugno, ore 18,30 – Ex centrale, via Corticella 129, Bologna

1500 sfratti previsti nel 2022 nella Città Metropolitana di Bologna. Numeri che fanno rabbrividire e che rivelano come la pandemia debba mostrare ancora tutte le sue conseguenze. Sindemia l’avevamo chiamata, ritenendo che un evento così globale e penetrante non potesse che investire tutte le sfere del vivere e colpire duro lungo la linea di classe, razza e genere. Le politiche di spesa, implementate emergenzialmente durante la pandemia, si stanno riorientando verso il riarmo e la competizione per risorse e materie prime dentro la guerra multipolare, mettendo in secondo piano la transizione ecologica e la riduzione delle disegueglianze. Il blocco di licenziamenti e sfratti è servito solo a evitare tensioni sociali e a blandire i sindacati concertativi, mentre ora si ritorna alla dura normalità capitalista, con carovita e inflazione alle stelle. “Andrà tutto bene” sventolava dai balconi di molte abitazioni, ma quell’afflato di unità e speranza si infrange ancora una volta sul realismo capitalista che divide, seleziona, gerarchizza e sfrutta, costruendo la società intorno al profitto. Oggi la questione abitativa torna al centro, dove la casa non è solo un tetto, ma è tutela dei diritti, della salute, dell’uguaglianza. Parleremo delle sfide di oggi a partire da una prospettiva storica focalizzata sul territorio bolognese: dalla lotta delle famiglie del Pilastro negli anni Settanta, all’esperienza del Comitato Senza Frontiere e all’occupazione di San Petronio, passando per l’Ex Telecom e la critica del modello Student Hotel fino allo sciopero degli affitti durante la pandemia.

Ne discuteremo con:

Valerio Monteventi – Centro di Documentazione dei movimenti “Francesco Lorusso – Carlo Giuliani”

Pinuccio De Biase – Laboratorio Crash!

Luca Simoni – PLAT Piattaforma di intervento sociale

Maria Elena Scavariello – Rent Strike Bolognina

CUA Bologna

Stefania Capone – Archivio storico dei movimenti di via Avesella 5/A

Durante l’iniziativa saranno esposte due mostre fotografico-documentarie sul tema a cura del CentroDoc Lorusso-Giuliani e dell’Archivio Via Avesella

A seguire FOLK a Ex Centrale con CANTA STORIE
➡️https://fb.me/e/3exOEVOuJ

Questa iniziativa si inserisce nella campagna di solidarietà a coloro che sono imputat* nel processo per l’occupazione e lo sgombero dell’Ex Telecom

Di seguito la mostra sulle lotte per la casa a Bologna negli anni ’70, realizzata dal Centro documentazione “Lorusso – Giuliani”

L’OCCUPAZIONE AL PILASTRO NEL 1971

Il 5 luglio 1971 una ventina di famiglie proletarie occuparono gli alloggi vuoti di una palazzina IACP al quartiere Pilastro. La protesta trovò il sostegno e l’aiuto dei militanti di Lotta Continua e di Potere Operaio. Erano operai, manovali e camionisti, che godevano di un reddito modesto e che vivevano con le loro famiglie nella zona di Porta Lame in case fatiscenti ritenute da molti inabitabili. Quasi tutti provenivano dal meridione, in genere avevano molti figli. Il motto dell’iniziativa di lotta, apparso in grandi cartelli fuori dalle finestre, era “la casa si prende, l’affitto non si paga”

L’irritante “stalinismo tipografico” dell’Unità vide l’iniziativa come una provocazione anti-comunista: “La strumentalizzazione da parte dei “signori della guerra” di Lotta Continua, di Potere Operaio e delle altre sette iniziatiche, di situazioni disperate per azioni fine a se stesse, non aiuta la crescita unitaria del movimento di lotta, ma rappresenta solo un modo per gettare allo sbaraglio alcune decine di lavoratori e le loro famiglie”.

L’11 luglio, di domenica mattina, con un massiccio intervento di polizia veniva sgomberato l’edificio occupato e le famiglie venivano gettate in mezzo alla strada. La cosa più irritante dopo lo sgombero, fu la manifestazione unitaria organizzata dal Pci per le strade del Pilastro, contro le occupazioni e per il diritto alla casa.

Le famiglie senza casa vennero ospitate dagli studenti nel collegio universitario Irnerio, in Piazza Puntoni.

Il 16 luglio 1971 una grande manifestazione, con alla testa gli ex occupanti, venne indetta dai gruppi della sinistra rivoluzionaria. Dal Collegio Irnerio prese il via venerdì un corteo che sfilò per le vie cittadine, terminando con un’assemblea in Piazza Maggiore.

L’AUTORIZZAZIONE DELLE BOLLETTE

Le lotte per la casa si incrociarono, nel mese di ottobre del 1974, con una campagna per le autoriduzioni organizzata da organizzazioni e collettivi che facevano capo alla sinistra rivoluzionaria.

Potere operaio, durante lo Sciopero Generale per la vertenza sulla Contingenza, diffuse un volantino molto esplicito: Abbiamo capito che c’è solo un modo per garantirsi il salario: autoridursi le bollette della luce, gli affitti, i trasporti e prendersi quello che ci serve”.

Contemporaneamenteil Comitato Autonomo Proletario per l’Autoriduzione e il Circolo “Gatto Selvaggio” ristamparono per Bologna il manifesto della FLM (Federazione Lavoratori Metalmeccanici) di Torino: “L’Autoriduzione è la lotta che paga e vince! Respingere i ricatti dell’ENEL estendendo la lotta, pagando il 505 della nuova bolletta dell’energia elettrica. L’ENEL non può erigersi a tutore degli interessi della collettività, quando per anni sulla linea dei vecchi “monopoli elettrici” ha continuato a rapinare gli utenti con contratti di potenza capestro che riflettono i reali consumi delle masse popolari. Bisogna impegnarsi ad estendere la lotta con il 50% del pagamento delle bollette ENEL in tutti i posti di lavoro e in tutti i quartieri al fine di raggiungere nei confronti del governo una sostanziale riduzione delle attuali tariffe e la modifica del regime tariffario adeguandolo alle tariffe dell’utenza industriale”.

Il 5 novembre 1974, con l’autoriduzione che cominciava a prendere piede anche a Bologna, si tenne al Gatto Selvaggio un’assemblea nazionale, con autoriduttori di Torino e Milano. Nel manifesto di convocazione si sosteneva che l’autoriduzione era una forma di lotta per garantirsi il salario e si allargava l’orizzonte del conflitto: dalle bollette della luce, del gas e dell’affitto alla spesa politica contro gli speculatori, gli imboscamenti, i proprietari di case.

1976: OCCUPAZIONI E SGOMBERI A RIPETIZIONE

Nel mese di giugno del 1976 quattro famiglie senza casa occuparono altrettanti appartamenti di edilizia pubblica (vuoti da tempo), situati in Via Ortolani. Il 21 di agosto successivo i quattro immobili vennero sgomberati e le persone occupanti finirono in mezzo alla strada. A quel punto, i quattro nuclei familiari decisero di mettere in atto una forma di protesta di forte impatto, accampandosi con delle tende nei pressi di Piazza Maggiore. Si aprì un forte dibattito in città, il Comune e la Federazione del Pci, pur riconoscendo l’esigenza dell’abitazione, condannarono fermamente queste forme di lotta, il Consiglio di Fabbrica della Sasib, invece le appoggiò.

Alla fine del mese di agosto venne occupata una palazzina di proprietà della Provincia, vuota da due anni. I locali del piano terra vennero utilizzati come sede del Centro Berretta Rossa, mentre gli appartamenti al primo e al secondo piano vennero abitati da un gruppo di senza casa.

Sull’Unità del 1 settembre 1976 si può leggere: “Ieri mattina il sedicente Centro Operaio e Proletario “Berretta Rossa” ha occupato abusivamente uno stabile dell’Amministrazione Provinciale di viale Vicini 6, di fronte a questa ennesima e grave provocazione la Giunta provinciale ha inoltrato denuncia alla Procura della Repubblica, riservandosi ogni ulteriore azione a tutela del patrimonio pubblico provinciale. A tale scopo, inoltre, la presidenza dell’Amministrazione Provinciale ha convocato i capigruppo per le decisioni conseguenti”.

Il 3 settembre, alle sei del mattino, la polizia fece irruzione nella palazzina, sgombrando l’intero edificio. Il problema della casa, intanto, cominciò ad avere proporzioni enormi.

Il 21 settembre venne occupato, insieme ai dipendenti che erano stati licenziati, l’Hotel Bologna, da poco chiuso dalla proprietà, l’Immobiliare Dark Tuil. La proposta che venne lanciata all’Amministrazione Comunale fu di una requisizione dell’immobile per destinarlo ad albergo popolare per studenti, lavoratori e senza casa. Venne predisposta una lista per l’assegnazione autogestita dei posti letto. Anche questa occupazione non durò più di una settimana.

Poco dopo, all’Università, nacque il Centro Organizzazione Senza Casa (Cosc), che cominciò a formare liste di occupanti, sopratutto fra gli studenti fuori sede. Dai vari collettivi che operavano in città venne organizzato un convegno cittadino sul problema abitativo. Si prese la decisione di indire una manifestazione per la casa.

Un freddo venerdì del mese di ottobre dall’università partì un grosso corteo, come da molto tempo non si vedeva. Furono percorse le vie del centro, poi la manifestazione si diresse in via Galliera 23 e si fermò davanti ad un palazzo ristrutturato e completamente vuoto. Nei mesi precedenti era stato al centro di manovre speculative. Il palazzo venne occupato e vi trovarono alloggio alcune famiglie di senza casa.

La mattina dopo la polizia, chiamata dal padrone, cacciò fuori tutti. La lotta però non poteva finire così. La risposta fu immediata: un corteo militante parte dall’università e permise agli occupanti di insediarsi di nuovo nell’edificio di viale Vicini 18, di proprietà della Provincia.

Dopo qualche giorno altri senza casa occuparono uno stabile in via Zamboni.

Un ordigno incendiario venne trovato dentro la macchina di un proprietario di case i cui inquilini da tempo praticavano lo sciopero dell’affitto.

La tensione per il problema della casa intanto aumentava. Viale Vicini divenne il centro propulsore di tutte le iniziative. La Provincia face uscire vari comunicati, poi pubblicati dall’Unità, in cui si rimproverava le forze dell’ordine per non avere riportato la “normalità” in viale Vicini. Ancora una volta era la repressione la risposta che le Istituzioni davano alle istanze poste in maniera autonoma: tre giorni dopo Natale, la polizia, mandata dall’amministrazione provinciale, buttava fuori gli occupanti da viale Vicini.

Il 15 gennaio 1978, dopo quattro ore di resistenza passiva, vennero sgomberati dalla polizia 13 appartamenti al Pilastro. Gli appartamenti in via Salgari erano stati costruiti dalla Coop Edilter. L’opposizione degli occupanti non fu roba da ridere. Parte delle famiglie avevano assaggiato già le percosse dei vigili urbani durante un’occupazione del Municipio per protestare contro la mancanza di case.

Nella stessa giornata, venne chiusa, dopo 10 mesi, l’istruttoria del giudice Catalanotti per i fatti di marzo, furono dieci rinvii a giudizio (7 compagni restarono in carcere, 2 in libertà provvisoria e uno venne denunciato a piede libero).

Questa scheda è stata preparata dal Centro di documentazione dei movimenti “Francesco Lorusso – Carlo Giuliani” per l’iniziativa “La lotta per la casa a Bologna: una prospettiva storica per le sfide di oggi”, organizzata all’Ex Centrale il 24 giugno 2022.